Differenza tra integrazione e inclusione

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Differenza tra integrazione e inclusione

Prima di tutto...conoscersi

Il primo atteggiamento per accogliere i bambini con una disabilità cognitiva più o meno grave è quello di conoscere il bambino, non c’è nessuna diagnosi, relazione, test che potrà descrivere pienamente il piccolo. Attraverso la relazione possiamo davvero capire quello che il bambino sa fare, quello che potrà fare e soprattutto conoscendo l’ambiente in cui lui è inserito, capire ciò di cui ha bisogno. Successivamente poi potremo prevedere delle strategie di apprendimento utili al bambino e spendibili nella sua quotidianità e nella società in cui vive, perché una disabilità cognitiva non permette al bambino, a differenza del suo coetaneo neuro tipico, di immagazzinare la stessa quantità di informazioni.

Valorizzare le diversità

Partiamo dalla diversità e del rispetto dell’altro per chiarire la differenza tra due termini simili ma diversi, integrazione e inclusione.

Immaginiamo l’integrazione come un cerchio nel quale ci sono alcuni studenti gialli e all’interno di questo cerchio ce n’è un altro che racchiude altri studenti blu. Questi blu sono inseriti nel gruppo classe pur restando però circoscritti nella loro diversità, si è creato un sottogruppo.

Nell’inclusione invece non esiste più il sottogruppo ma si pone l’attenzione alla singolarità di ogni individuo; gli studenti gialli e blu si sono uniti assieme ad altri studenti di tanti altri colori, quindi la diversità di ognuno di noi crea un gruppo inclusivo.

Bisogna rapportarsi e valorizzare ogni bambino per le sue peculiarità senza porre differenze in base alla diagnosi; perché se un bambino è neuro tipico e un altro è atipico non vuol dire che essi non abbiano nulla in comune, è importante porre attenzione ai bisogni, idee e talenti di ogni singolo bambino. Solo capendo la differenza tra esseri umani, possiamo riscoprire il tesoro della relazione con l’altro e capire che ogni individuo è unico, irripetibile, portatore di storie diverse, di valori e anche di possibilità; pensiamo a come un alluno straniero dia l’opportunità all’intera classe di confrontarsi con una cultura diversa.

Tutti noi possiamo immaginarci pezzettini di un puzzle, ognuno di noi con la nostra singolarità legandoci assieme creiamo un “disegno”, un qualcosa di molto bello. Sicuramente alcuni bambini hanno bisogno di attenzioni maggiori sia a livello qualitativo che quantitativo ma questo sarà semplicemente legato alla loro individualità.

Comportamenti aggressivi: cosa fare?

Una delle più grandi stigmatizzazione a scuola e nella società è quella del comportamento. Che cos’è il comportamento? il comportamento è una caratteristica espressiva che ogni individuo ha per esprimere idee, sentimenti, pensieri, preferenze. Definire il comportamento come “problematico” e di conseguenza volerlo estinguere o quietarlo presuppone, dal punto di vista etico filosofico, una forzatura della libertà umana.

Il comportamento di per sé non è mai un problema, ma è una modalità socialmente non accettabile che esprime un bisogno, dietro un comportamento c’è sempre un bisogno.

Quindi, se un bambino presenta delle modalità poco funzionali per esprimere i suoi bisogni, noi dobbiamo ascoltare e capire il motivo.  Un comportamento violento spesso è una richiesta di aiuto, è una voce interna per farsi ascoltare e può diventare anche fisica, questa è una cosa normale, non è riconducibile solamente a bambini col disturbo dello spettro autistico. Se ci pensiamo, anche noi quando siamo arrabbiati e qualcuno ci parla facciamo fatica a mantenere la calma e ascoltare e la prima cosa che ci viene da fare è agitarci, battere un pugno, alzare la voce, quindi la stessa reazione sarà quella del bambino.

Per gestire questa reazione aggressiva, possiamo insegnare dei comportamenti alternativi più costruttivi e funzionali.  Infatti Il ruolo dell’adulto è quello di aiutare il bambino a veicolare nel modo più appropriato e funzionale il suo messaggio; far capire al bambino che ad esempio chiedere qualcosa invece di prenderlo direttamente è più conveniente per lui, perché saranno tutti più sereni e lui potrà ottenere quello che vuole.

Se anche durante il gioco, il bambino presenta aggressività la prima cosa da fare è capire perché lo fa e qual’è il suo scopo, qual’è il messaggio che vuole veicolarci; se semplicemente per sperimentare oppure se dietro c’è altro, e se dietro c’è altro possiamo insegnargli delle modalità con cui riuscire meglio a esprimere il proprio mondo interiore.

Pedagogista per i disturbi del neurosviluppo, spettro autistico, comportamentale e di apprendimento, esperto in inclusione - Dott. Adriano Antonini

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