Inclusione scolastica: processi e metodologie

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Inclusione scolastica: processi e metodologie

Paliamo di inclusione scolastica, del tipo di didattica di relazione e di clima che si può creare per rendere la classe un ambiente inclusivo per tutti.

Quando si lavora in una classe si devono affrontare tutti i giorni delle difficoltà, non solo legate ai bisogni educativi riconosciuti ma a tutti i cambiamenti dei ragazzi che abbiamo di fronte.
Questa didattica per competenze, didattica attiva, inclusiva insegna il saper fare, l’agire, l’imparare agendo, il mettere in gioco le proprie abilità e conoscenze e si sta sempre più staccando dalla scuola nozionistica, contenutistica che non va incontro nè agli interessi degli alunni nè a un apprendimento significativo.
Le metodologie che fanno parte di questa didattica sono la Flipped Lesson, il Cooperative learning nelle sue variazioni jigsaw al peer to peer, il ciclo di apprendimento esperienziale; tutte prevedono un’attività in gruppo/coppie.
E’ una maniera di lavorare che funziona molto bene a qualsiasi livello e talora ci siano dei bisogni educativi speciali, come il disturbo dell’iperattività/attenzione ADHD, disturbo oppositivo provocatorio che possono rendere difficoltose la relazione, non bisogna desistere ma trovare strategie idonee, perché ovviamente non possiamo risolvere i problemi relazionali isolando gli alunni che li hanno.
Se parliamo di competenze invece non possiamo fermarci alle competenze legate alle discipline o apprendimenti ma dobbiamo parlare anche di competenze sociali e relazionali, le famose Life Skills.

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Lavorare sulla relazione

Lavorare sulla relazione è fondamentale ma come si fa coi ragazzi col disturbo oppositivo provocatorio a farli interagire in maniera efficace?
Prima di tutto è più facile gestire questa situazione lavorando in un piccolo gruppo formato da due, tre, quattro ragazzi e poi usando una strumentazione coinvolgente.
Impostare le attività in modo che finiscano in una/due ore e con un compito specifico da svolgere con un tablet o personal computer o interagendo con l’insegnante tramite app che permettono lo svolgimento di verifiche direttamente sul tablet, sono modalità affascinanti che aiutano gli alunni, anche quelli con bisogni educativi speciali, di riuscire a stare sull’attività sufficientemente per arrivare a un apprendimento.
Importantissima la relazione con l’insegnante, egli deve porsi come facilitatore, deve avere un forte livello empatico avendo delle modalità accoglienti con tutta la classe, grazie a ciò riesce a gestire le situazioni di tensione che si possono creare; ricordiamoci che i bisogni educativi speciali non sono solamente quelli che hanno una etichetta, siamo tutti dei “bisogni speciali”, tutti abbiamo i nostri limiti e periodi nei quali siamo in una situazione che ha bisogno di un’accoglienza particolare.

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Metodologie per una didattica attiva e la Flipped Lesson

Portare in classe la didattica attiva significa strutturare le lezioni in modo che i ragazzi abbiano un momento di attività tutti insieme, momento introduttivo/ engage in cui l’insegnante tramite un breve video o una lezione dialogata, da un flash e stimola curiosità ai ragazzi su quello che dovranno approfondire.
Poi c’è l’attività strutturata in cui vengono forniti i materiali: il libro, la penna, la matita, dei fogli da disegno oppure dei tablet in cui comincia l’attività creativa dei ragazzi; non sono più io a raccontarvi la lezione di storia, italiano, grammatica ma siete voi che andando a cercare le informazioni dove io vi ho guidati, costruirete un prodotto.

I ragazzi lavorano sui contenuti creando prodotti meravigliosi utilizzando ad esempio le presentazioni di Google o di Prezi, oppure creando lapbook, cioè cartelloni con disegni/ schemi fatti in coppia che poi vengono condivisi con la classe.
Si creano prodotti cognitivi significativi anche attraverso il peer to peer, cioè un ragazzo che affianca un altro ragazzo e insieme superano le difficoltà. Proprio attraverso questa attività svolta assieme a un compagno, i ragazzi che hanno difficoltà legate alla scrittura, alla lettura, alla matematica o anche vere disabilità, vengono aiutati e motivati e viene meno la necessità di fare attività personalizzate.
Ovviamente il tutto è guidato dall’insegnante e se presente anche dall’insegnante di sostegno, che deve uscire dal rapporto uno a uno solo col ragazzo con disabilità ma deve diventare una risorsa per l’intera classe; il risultato è una classe che lavora con due insegnanti che aiutano e intervengono facendo in modo che tutti i gruppi riescano a portare a termine il lavoro.
Quindi abbiamo la fase di engage poi la fase operativa, la fase di restituzione e la fase finale di valutazione, una valutazione fatta di fronte alla classe e spesso vengono coinvolti gli alunni stessi, è una valutazione dell’intero processo nel quale gli insegnanti hanno osservato i ragazzi durante lo svolgimento del lavoro e infine del prodotto finale.
Alla fine di tutto questo si è ottenuta una relazione che funziona nella classe, un apprendimento significativo e inclusione. Non ci sono più etichette, categorie, verifiche facilitate ma tutti concorrono allo stesso prodotto e lo fanno in prima persona invece che ascoltare e memorizzare solamente, per cui le conoscenze vengono meglio interiorizzate.
La Flipped Lesson è una modalità didattica diffusa nel nord Europa e significa lezione al contrario, sposta il momento della spiegazione a casa e il momento dell’esercitazione a scuola.
La spiegazione dell’insegnante ha una durata di alcuni minuti a seconda dall’età dei ragazzi, egli registra un video
in cui spiega un argomento e poi lo invia ai ragazzi. Il compito a casa è guardare il video.
Quando il ragazzo arriva a scuola ha già avuto una prima spiegazione e c’è il momento di confronto: avete guardato il video? avete capito o no? avete delle curiosità? dopodiché gli esercizi vengono fatti a scuola.
Vedete come questo sia più funzionale rispetto a un insegnante che spiega e dove i ragazzi possono o non possono ascoltare e prendere appunti, poi una volta a casa non sanno svolgere i compiti o li svolgono sbagliando.
Mentre se io do un breve video di spiegazione dell’argomento, poi a scuola si riprende l’argomento insieme, si fanno gli esercizi e l’insegnante controlla, corregge e interviene laddove ci sono le difficoltà, l’apprendimento è facilitato e si ottengono risultati inclusivi, il lavoro a casa è semplificato e l’attività didattica è più efficace.

Tra tecnologia e manualità non fermiamoci a un solo modello didattico

Anche con l’uso della tecnologia la manualità resta di grandissima importanza e va messa in gioco. Pensiamo al lapbook che viene fatto a livello manuale partendo da cartelloni, quaderni che diventano album, costruzioni, fogli, pezzettini a fisarmonica scritti e incollati. E’ importante che che ogni attività di didattica attiva abbia un prodotto, si concluda con qualcosa di concreto, questo qualcosa di concreto può e deve essere qualcosa che richiede la manualità.
Concludendo, io suggerisco sempre di non fermarsi a un modello di didattica anche se funziona, bisogna conoscerne tanti e provare a diventare esperti, cercando di portare ai nostri ragazzi le strategie migliori per permettere a loro di trovare la propria strada di apprendimento.

Dott.ssa Sara Antiglio, esperta nei processi di inclusione scolastica e nei processi di sviluppo e valutazioni delle competenze in ottica inclusiva

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