ADHD nei bambini

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ADHD nei bambini

Iniziamo a conoscerla

Oggi incontriamo Chiara Ianigro terapista della riabilitazione psichiatrica e tecnico ABA, analista del comportamento 0-6 anni, che ci introdurrà all’argomento ADHD e ci illustrerà le strategie e progetti riabilitativi.

Sono la Dott.Ssa Chiara Ianigro, terapista della riabilitazione psichiatrica specializzata come tecnico ABA, mi occupo di disturbi del comportamento, dall’autismo alla ADHD.

Prevalentemente i bambini arrivano da me piccolissimi con un ritardo o disturbo del linguaggio e da li io accompagno i genitori nell’iter diagnostico e riabilitativo passo dopo passo.

Oggi approfondiamo la tematica della ADHD, disturbo da deficit di attenzione e iperattività, che è caratterizzato da diversi comportamenti che compromettono il contesto educativo del bambino.

Quando e come riconoscere la ADHD e conseguenze

La diagnosi di ADHD viene fatta tra i 5 e i 12  anni e per poter avanzare tale ipotesi i comportamenti devono persistere da almeno sei mesi. La diagnosi viene fatta sulla base dell’osservazione del clinico e all’intervista ai genitori e agli educatori che partecipano alla vita del bambino.

Ci sono un insieme di fattori da considerare nell’osservare un bambino che potrebbe avere un disturbo da deficit di attenzione e iperattività.

Fattore dell’attenzione, il bambino risulta essere distratto, non riesce ad ascoltare né a prestare attenzione ai dettagli. Se gli proponiamo un disegno e gli chiediamo una descrizione, egli tenderà a descrivere e a notare principalmente le figure più grandi, più colorate, non notando ad esempio le farfalline nell’angolo a sinistra del disegno.

E’ un bambino che non segue le istruzioni, non porta a termine i compiti, ha difficoltà a mantenere l’attenzione oltre una certa soglia. Durante una spiegazione o conversazione non riesce a mantenere l’attenzione fino alla fine del discorso, tende a muoversi, ad alzarsi o addirittura ad interrompere.

E’ un bambino che ha difficoltà ad organizzarsi, si dimentica il materiale scolastico, gestisce il tempo in un modo non adeguato. 

Fattori dell’impulsività e iperattività, sono bambini che non sanno aspettare il proprio turno e si alzano in continuazione, si agitano sulla sedia, parlano troppo, danno la prima risposta che gli viene in mente dopo una domanda.

Disturbi di questo tipo può possono portare in età prescolare a un comportamento distruttivo, questi bambini sono molto agitati; in età scolare si evidenziano scarsi risultati scolastici e problemi di apprendimento. 

La conseguenza di queste difficoltà nell’apprendimento si legano a una bassa autostima che non ci permette la costruzione di reti sociali, spesso questi ragazzi sviluppano una forma di ritiro sociale e non riescono a stare in un contesto sociale.

In età adolescenziale si possono manifestare disturbi della condotta e un disturbo positivo provocatorio, cioè questi ragazzi si oppongono a qualsiasi proposta di socialità, di studio, a qualsiasi tipo di coinvolgimento in generale.

La cosa positiva in tutto questo però è che, una buona percentuale di adulti con ADHD individuata e trattata, ad oggi riesce ad avere un contesto di vita normalissimo

Il sistema scuola e ADHD e la rete di sostegno

Secondo la mia esperienza, oggi il sistema scuola tende ad evidenziare qualsiasi tipo di difficoltà, sollecitando le famiglie a chiedere valutazioni anche quando o è troppo presto, o non ci sono i presupposti.

Spesso ricevo bambini di 4 anni con la richiesta di accertamento di una ipotetica ADHD, nonostante non siamo nella fascia di età corretta. Le insegnanti fanno questo tipo di segnalazione perché i bambini ad esempio non stanno seduti quando viene loro raccontata una favola, o per lo stesso quantitativo di tempo non colorano. 

Ritengo che sia abbastanza normale che un bambino di 4 anni non riesca a stare seduto mezz’ora a colorare o ad ascoltare una favola perché l’attenzione è una dote, una qualità, un’abilità che va allenata.

Nel momento in cui i genitori intraprendono però l’iter diagnostico, li affianco per valutare con loro se queste caratteristiche di bambino iperattivo, disattento o impulsivo persistono in un arco di tempo sostenuto; do’ loro metodi, consigli su come gestire questi momenti di irrequietezza o disattenzione. Si apre quindi una strada in cui procediamo insieme, da una parte c’è l’iter diagnostico clinico e dall’altra c’è il nostro intervento.

E’ fondamentale la collaborazione con il genitore e col corpo docente, perché quello che si cerca di fare con bambini con ADHD è creare un metodo personalizzato non standard, per aumentare i tempi di attenzione o un sistema di pause ben studiate e costante per fare in modo che la loro attenzione rimanga a un buon livello per tutta la durata dell’attività.

Spesso i genitori alternano momenti di consapevolezza e accettazione, a momenti di negazione ed incredulità, quindi bisogna accompagnarli e aiutarli a comprendere quali siano le difficoltà che il proprio figlio presenta ma soprattutto i suoi punti di forza sui quali bisogna lavorare, perché sono quelli che fanno salire l’autostima sia del bambino sia del genitore che lo sostiene.

Un caso reale e pratiche messe in atto

Vi illustro un caso pratico, una bimba che ha iniziato la scuola primaria avendo già avuto una diagnosi. 

Intraprendendo un percorso riabilitativo siamo riusciti a portare questa bimba ad avere un’ ottima capacità di gestione dell’attenzione, in un anno e mezzo di trattamento grazie a un sistema di pause ben studiato e condiviso con gli insegnati e gestito benissimo a casa, questa bimba sta almeno due ore consecutive in classe a seguire la lezione e riesce a svolgere con intervalli regolari l’intera mattinata di attività scolastica.

Nonostante i successi tangibili, spesso i genitori sono presi dallo sconforto e dall’ansia per il futuro, è importante che il terapista li riporti al qui ed ora, noi dobbiamo lavorare nell’oggi, oggi sappiamo che il bambino sa fare questo che ieri non sapeva fare, domani dobbiamo cercare di fare in modo che impari altro. 

E’ una pianificazione che viene fatta quasi giorno dopo giorno, basata per i bambini in età scolare, sul programma scolastico; l’obiettivo è quello che loro riescano a stare in classe a socializzare, a intervenire nel momento giusto e che siano presenti nel momento stesso.

Nel caso specifico di questa bimba abbiamo usato un sistema di rinforzatori, cioè

si parte inserendo un sistema di rinforzo 1:1, fai questa attività, ad esempio leggere delle frasi, per ottenere un rinforzatore, e piano piano andiamo ad aumentare.

Stabiliamo che per ottenere la tua pausa (che può essere una merenda) è necessario svolgere tre attività in sequenza, ad ogni attività svolta verrà consegnato un smile, una volta che avrà ottenuto tutti gli smile, avrà accesso al rinforzatore pattuito (merenda).

La finalità è insegnare al bambino una gestione del tempo congrua, così avrà contezza dell’attività svolta e che dovrà svolgere e questo lo aiuterà mano a mano ad aumentare il tempo in cui dovrà stare concentrato.

Ovviamente non si passa dal rinforzatore 1:1 a 1:5 nel giro di una seduta, ci vuole un monitoraggio costante, un controllo anche visivo dei segnali non verbali con cui il bambino comunica. Ad esempio notiamo un bambino che inizia l’attività, al primo smile seduto, composto, dritto, impugna la sua matita in maniera corretta ed è molto preciso, arriviamo alla terza attività in cui il bambino comincia a dare dei segnali, comincia a dondolare sulla sedia, lascia la matita, solleva lo sguardo più spesso dal foglio.

Ci sono accortezze che un buon terapista sa rilevare e che ci aiutano a renderci conto se stiamo procedendo nella maniera giusta o se stiamo chiedendo troppo, perché il rischio è che nel momento in cui noi chiediamo troppo e il bambino non è pronto si inneschi un sistema di comportamenti inadeguati, bisogna stare molto attenti nel calibrare tutto nella maniera più corretta possibile.

Dott.ssa Chiara Ianigro terapista della riabilitazione psichiatrica e tecnico ABA

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